sardara

La storia delle popolazioni costiere del basso Tirreno della Sicilia Occidentale è caratterizzata, per un lungo periodo di quasi due secoli, a partire dal secolo XVIII, dalla presenza di un tipo di imbarcazione armata con una vela dalla forma particolare, detta latina. Questa imbarcazione chiamata Varca Longa o Sardara, per la sua notevole lunghezza, (Max 11 metri ossia 44 palmi siciliani) era adibita principalmente per la pesca del pesce azzurro, ed in particolare per la pesca delle sarde.

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Alla tradizione propriamente palermitana appartiene la “Capaciota” barche ampie e leggere, solide ed eleganti, adatte alle migrazioni lontane, così chiamate dagli isolani dal nome del borgo di Capaci, che allora comprendeva anche Isola delle Femmine, questa imbarcazione era adatta per la pesca “a tratta” delle sardine e acciughe difatti i pescatori palermitani la chiamano sardara per il tipo di rete utilizzata per la pesca riguardante le sarde. La sardara, aveva la lunghezza di circa dieci metri con prora svasata leggermente in fuori e con la poppa a rientrare e relativo prolungamento di ruota, più di un metro, che era sagomato a coda di sirena e denominato acidduzzu, la motrice avveniva con quattro remi e una vela latina, ma poteva essere armata anche con una vela a tarchia, spostando l’albero verso prua, e lo si faceva alloggiare nel foro a prora delle panche. Caratteristiche sono le due passerelle laterali dette corridori, che servivano per far fuoriuscire l’acqua imbarcata da prua. Un altra caratteristica di queste imbarcazioni era la limitata altezza del bordo libero e la scarsa curva del cavallino. La larghezza dello scafo era un terzo della lunghezza. Per la costruzione del fasciame si utilizzava il pino calabro, il larice, l’abete, il gelso e il leccio, mentre per la chiglia, le ordinate, il iritto di prora e di poppa veniva preferita la quercia.

1 Comment

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