RUBRICA SETTIMANALE “PAROLA DI SKIPPER” | LA SCASSA

La barca

13.1 La scassa

Sarà una sorpresa per molti lettori, abituati a associare la scassa con la deriva, ma scassa e deriva non hanno nulla a che vedere tra loro. La seconda, infatti, è alloggiata in quella che è sempre stata la “cassa della deriva”, prima che qualche intraprendente “lupo di mare”, non meglio identificato, lanciasse impunemente questo neologismo durante gli anni del boom della nautica in Italia. Un errato neologismo che difficilmente potrà essere estirpato (udito perfino dalla viva voce di un architetto navale!), visto che lo si insegna ancora oggi ai bambini che cominciano ad andare per mare sull’Optimist. Il vero significato della scassa è quello tradizionale, che la identifica col pezzo strutturale su cui poggia il piede, o meglio il “micciotto” dell’albero, scaricandovi la forte compressione alla quale è sottoposto. Per inciso, sono le manovre fisse (sartie, stralli, paterazzi), e anche, in misura minore, le manovre correnti che corrono all’interno dell’albero, le responsabili di questa compressione, che sarebbe più corretto chiamare “carico di punta”.

Un albero non insartiato, come quello di un Laser o di un Finn, è sollecitato infatti a flessione, e la scassa in questo caso deve essere in grado, assieme alla mastra, di trasmettere allo scafo una forte spinta laterale. Nella costruzione tradizionale in legno, la scassa è costruita da un robusto travetto (l’essenza migliore è la quercia), saldamente fissato al “paramezzale”, ossia al pezzo strutturale longitudinale che corre da prua a poppa al di sopra dei madieri, parallelamente alla cinghia.

Il travetto è lungo abbastanza per scaricare la compressione dell’albero su almeno quattro sottostanti madieri (il “madiere” è la parte inferiore dell’ordinata). Al centro, sulla parte superiore, la scassa porta un’apertura, quadrata in pianta, entro cui va a alloggiare il micciotto dell’albero, di forma tronco-piramidale, in modo che abbia una precisa collocazione e che non possa ruotare su se stesso.

Talvolta l’apertura è rettangolare, ed è allora dotata di opportuni tacchi, da sistemare davanti e dietro al micciotto, in modo da poter regolare la sua posizione, bloccandola nel punto desiderato. Ciò è opportuno, assieme alla regolazione della posizione dell’albero in corrispondenza della mastra, per stabilirne la posizione e l’”aggolettamento”, ossia l’inclinazione rispetto alla verticale, nella delicata fase della messa a punto dell’imbarcazione, importante per raggiungere l’obiettivo di avere una barca equilibrata con vento medio.

Anche nella costruzione con altri materiali la scassa riveste la sua importanza di distribuire su un’opportuna superficie dello scafo la compressione dell’albero, quando questo è passante.

Nel caso, oggi molto frequente, dell’albero poggiato in coperta, possiamo ancora considerare scassa quella su cui poggia il miccioto. All’interno è indispensabile però che vi sia un puntello, o altra soluzione che provveda a trasmettere le sollecitazioni dell’albero allo scafo.

Tratto dal libro Parola di Skipper, Editrice Incontri Nautici di Giancarlo Basile

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