
Il 4 giungo alle 18.30 Roberto Soldatini è stato al Club Nautico della Vela al Borgo Marinari di Napoli per la presentazione del suo libro “La musica del mare” (Nutrimenti edizioni).
Roberto Soldatini, dal 1984 insegna violoncello al Conservatorio. Nel 1989 è stato scelto da Giuseppe Patanè come suo assistente, e successivamente da Myung-Whun Chung all’Opéra di Parigi. Come direttore, ha guidato le orchestre di alcune delle maggiori istituzioni europee e americane. Ha composto ed eseguito quattro opere: Come le maree, Manfred, Pulcinellade, La favola dell’amore.
Roberto Soldatini da qualche anno ha deciso di fare della barca la propria casa e di salpare alla volta dell’Oriente in compagnia di ‘Stradi‘, il suo violoncello.
Un viaggio, quello a bordo di Denecia, che lo ha condotto dall’Italia a Istanbul approdando nelle più belle isole dell’Egeo, alla scoperta di un mondo magico e antico, accolto dai sorrisi di gente semplice e saggia, stregato dalla bellezza dei luoghi e arricchito di nuove amicizie.
Una scelta estrema vissuta senza enfasi, ma con inesauribile curiosità. Così il viaggio diventa esplorazione, occasione di incontro, scoperta di sé e dei propri limiti. Giorno dopo giorno, il musicista si trasforma in marinaio. E la barca diventa il suo mondo.
La musica del mare è il racconto di una scelta di mollare gli ormeggi unica nel suo genere. Quella di un musicista che non ha messo da parte il suo passato, che continua a fare concerti e insegna in Conservatorio, ma che ha scelto uno stile di vita nuovo, e mostra orgoglioso la carta d’identità che, prima in Italia, porta come indirizzo la banchina del porto di Napoli dove Denecia è ormeggiata.
“Quando sono partito per la mia prima lunga rotta verso oriente, da solo, senza esperienza, tutti i miei amici erano preoccupati. Volevano essere informati sulla navigazione e sui miei approdi. Così ho cominciato un “diario di bordo per gli amici”, che inviavo loro con regolarità. Quel che scrivevo riscuoteva un inaspettato successo e tutti mi suggerivano di farne un libro. Quando sono rimasto alcune settimane ad Atene con la gamba ingessata ho cercato di dare un senso compiuto a quel diario, e al mio ritorno in Italia aveva già la composizione di un libro. L’ho fatto con la speranza che la mia avventura potesse esser d’aiuto in qualche modo ad altri. E sembra che lo sia, a giudicare dalle bellissime mail che ricevo dai lettori.
Poi, una volta pubblicato, il libro ha inaspettatamente influito sulla mia vita in mare. In ogni porto mi capita di incontrare qualcuno che lo ha letto o che ne ha sentito parlare. E questo mi piace, perché mi dà l’opportunità di conoscere persone interessanti, di sentire le loro opinioni, le loro esperienze.
Curioso, quando ero all’apice della mia carriera come direttore d’orchestra non mi capitava che mi riconoscessero per strada. I mezzi di comunicazione solo qualche anno fa erano diversi: qualche breve e raro servizio sul Tg3 e le critiche sui quotidiani. Oggi internet ha cambiato tutto. E il fatto che abbia scritto un libro entra in tutte le case tramite il computer”.
“Vivere navigando, mi dà la possibilità di essere libero – dice – Il senso di libertà che può regalare una barca a vela-casa difficilmente può esser eguagliato. Solo quando non hai una casa fissa tutto il mondo diventa tuo. Vivendo in barca, in qualsiasi parte del mondo vada, ho la mia casa con me, non ne sento la mancanza. Ovunque sono, mi sento a ‘casa’. Quando parto per un viaggio non ho bisogno di fare le valigie, preoccuparmi di cosa portare, magari scordando il caricabatterie o uno spartito. È sempre tutto con me: il mio guardaroba intero, il mio frigorifero, il mio bagno, i miei libri, i miei dvd, la mia musica. E poi ci sono aspetti romantici a cui non rinuncerei mai: dormire cullato da un lieve dondolio, prendere un aperitivo al tramonto con i gabbiani che svolazzano sopra la barca, leggere un libro accucciato in cabina con il ticchettio della pioggia sulla coperta”.
“Sono solo – Non ho neanche più una famiglia. Ma ho tanti amici meravigliosi. Mia madre ha mollato gli ormeggi ormai da più di dieci anni. Mio padre, invece, prima di morire seguiva con entusiasmo il mio progetto. Mi sarebbe piaciuto molto farlo salire sulla barca almeno una volta”.
In tre anni Roberto ha percorso diecimila miglia, circa diciottomila chilometri.
“Di grandi difficoltà – aggiunge – ne ho avute tante. Non so dire quale sia stata la più impegnativa. Potrei ricordarne una, quella in cui ho attraversato lo Ionio, dalla Grecia all’Italia, l’anno scorso con una burrasca forte. Avevo entrambi i piloti automatici rotti e sono dovuto stare al timone per dodici ore, senza poter fare pipì, senza poter mangiare, perché non potevo lasciare il timone neanche per un attimo. Con quel vento e quel mare la barca era talmente inclinata da stare quasi in verticale. Ma non tornerei indietro. Tanti sono i momenti che mi ripagano delle difficoltà e che rievoco quando compongo: approdare su un’ isola che non conosco e mollare gli ormeggi per tornare a navigare, Incontrare nuova gente. Tuffarmi in una baia dall’acqua cristallina, nuotare fino a terra e passeggiare su una spiaggia deserta. E ancora, cambiare città senza averlo premeditato. Affrontare una burrasca ed entrare poi sano e salvo in porto, sotto lo sguardo di ammirazione dei marinai, e rendermi allora conto di quel che sono riuscito a fare. Tornare dagli amici dopo tanti mesi. Stare al timone da solo, ascoltando il suono del vento, quello che genera gonfiando le vele, il suono delle onde che si frangono e quello dello scafo che le solca. Si vede, sono felice così.”
Si sente un tipo tosto? “Che sono un tipo tosto – afferma – ogni tanto me lo dicono. Forse una parte di me lo è. Non lo è quella che si impressiona per un taglio, soprattutto su mani e braccia, che per la mia professione sono importantissime. Ma lo è quella che le usa senza risparmiarsi in mezzo a una burrasca. O quella che ha assistito entrambi i genitori fino all’ultimo respiro. Ma penso che i veri tipi tosti siano quelli che sanno soffrire in silenzio e se li guardi negli occhi hanno sempre il sole dentro, come alcuni invalidi che ho conosciuto. Apprezzo il coraggio con cui affrontano la realtà quotidiana fatta di mille ostacoli, la volontà di superare le loro limitazioni: loro sono quelli che davvero navigano in mezzo alle burrasche, quelle della vita”.
Roberto Soldatini in un’intervista della giornalista Cinzia Ficco.