paranza

Imbarcazione da pesca costiera con un albero a vela latina, bompresso con un fiocco, prua tozza e poppa assai ampia, di stazza lorda fino a 25 t circa, ancora in uso negli anni ’50 del Novecento nel Tirreno e, soprattutto, nell’Adriatico per la pesca a coppie (in paranza), in cui ciascuna paranza tirava un’ala di una rete a strascico.

Ciò che ha maggiormente caratterizzato negli ultimi 150 anni la tradizione marinara nel termolese sono state, senz’alcun dubbio, le paranze. Il termine paranza deriva dalla voce meridionale paro, paio, e sta ad indicare due barche che procedono in coppia per pescare a strascico. Oggi, sempre più spesso, si tende ad identificare con tale termine un unico e determinato esemplare d’imbarcazione, invece che due. Nelle Marche e nell’alto Abruzzo “Lancetta”, “Barchino” o “Barchetto ” in Romagna, “Bragozzo” (a fondo piatto) e “Brazzera” a Venezia e dintorni. Il termine “Lancetta”, tradotto in dialetto Lanzétte, fu adoperato anche a Termoli fino ai primissimi anni del Novecento, probabilmente arrivato da più a nord insieme alla barca, poi si tramutò in paranza.

paranzaParanzona e paranzella erano le varianti, rispettivamente più grande e più piccola della paranza-tipo in uso in tutto l’Adriatico centrale, le cui misure erano all’incirca le seguenti: lunghezza sui 10 metri o poco più, larghezza da m.3.30 a 3.50, stazza lorda tra le 8 e le 9 tonnellate, un’altezza di costruzione di m.1.50-1,60.

La prua e la poppa di queste barche erano piene e di forma arrotondata, la prora maggiormente bombata, la carena piatta per agevolarne l’alaggio sulle nostre spiagge, strutturalmente molto robuste. A differenza del “bragozzo” e del barchino, che erano dei bialberi, le paranze avevano un albero solo e montavano vele quadrangolari, dette al terzo. Altre caratteristiche distintive erano due grossi occhi ai lati dell’asta di prua, a scopo ornamentale, e la “toppa”, una specie di testa situata alla sommità del dritto di prua.

La paranza, oggi, è prevalentemente intesa ed accreditata dappertutto come specifica tipologia d’imbarcazione, più che come metodologia di pesca, la cui origine è da ricercarsi quasi sicuramente nella brazzera veneta, a sua volta derivata da quella istriana e dalmata.  A volere essere più esaustivi va aggiunto che fino al XV secolo nell’Adriatico erano presenti solo grossi velieri, tipo galeoni e galere, per lo più dediti ai commerci. Nel secolo successivo, al graduale abbandono delle navi di notevole stazza fa riscontro la costruzione e l’uso di quelle più piccole, tipo trabaccoli e brazzere. L’impiego prevalente è ancora quello del trasporto delle merci. Un maggiore sviluppo di tipi d’imbarcazioni s’ebbe nei secoli XVII e XVIII con la messa in esercizio di natanti ancora più piccoli (trabaccoli fino a 15 metri di lunghezza, bragozzi e paranzoni) in grado di svolgere attività mista: pesca e trasporto. La brazzera veneta, date le sue dimensioni e caratteristiche, nasce probabilmente tra il XVII ed il XVIII secolo e, dopo qualche rapido adattamento, grazie al frequente scambio di esperienze sempre avvenuto fra le varie marinerie adriatiche, divenne il tipo d’imbarcazione più diffuso sulla costa centrale adriatica fino alla metà del secolo XX.

A Termoli le paranze erano presenti fin dalla seconda metà dell’800, il cui maggior sviluppo s’ebbe, però, soltanto nel quindicennio che va dal 1920 al 1935.  Inizialmente l’equipaggio di tale imbarcazione era di 10 persone, tra il 1920 e 1930 si stabilì a 6 e negli anni successivi a 3 unità. La costruzione delle paranze avveniva all’aperto e in caso di pioggia, di neve o di forte sole, le parti dello scafo venivano coperte con vecchie vele; il legname usato per la costruzione era principalmente di quercia, ma venivano usati anche l’olmo e la noce.  A S.Vito Chietino nel 1930 vi erano 12 coppie di paranze. L’unica paranza ancora esistente, costruita nella nostra zona, è conservata presso il “Museo Galleggiante Della Marineria” di Cesenatico. Misura 8.45 metri di lunghezza, 2.92 metri di larghezza ed è stata costruita nel 1951 dai cantieri Bruni di S.Vito Chietino. Il cantiere “Bruni” fu uno dei piccoli cantieri navali abruzzesi più attivi, a cui ricorrevano gli armatori della costa Adriatica per commissionare la costruzione di nuove imbarcazioni o le riparazioni di quelle gia esistenti. Il maestro d’ascia Filippo Bruni fu l’ultimo costruttore di paranze di questa zona. Nel 1960 le paranze sono andate scomparendo e sono state sostituite da barche a motore.

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